Con l’iscrizione al RUNTS cambiano le regole delle partecipazioni delle for profit nelle no profit.

Con l’iscrizione al RUNTS cambiano le regole delle partecipazioni delle for profit nelle no profit.

Il tema della composizione della compagine associativa degli enti del terzo settore è stato di recente affrontato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, con nota n. 1082 del 5 febbraio 2020, ha affermato la possibilità per le for profit di iscriversi al RUNTS (Registro Unico Enti Terzo Settore).

 L’intervento dell’Amministrazione origina da due quesiti posti sul tema degli associati degli enti del terzo settore: il primo quesito formulato dalla Regione Piemonte riguarda le realtà che possono comporre la base sociale di un Ets, il secondo concerne la possibilità per gli Ets di accogliere, all’interno della propria base associativa, le imprese.

Il Ministero per affrontare le questioni segue l’indirizzo interpretativo in precedenza espresso dall’AdE, con circolare 31/E/2011, e richiama i principi di cui all’art 1 Codice del Terzo settore di libertà associativa e autonomia negoziale secondo cui l’ente è libero di individuare l’assetto strutturale che ritiene più idoneo ad assicurare il perseguimento, senza scopo di lucro, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

È proprio sulla scorta del suddetto principio che si supera il dubbio sulla possibilità per gli Ets di accogliere, all’interno della propria compagine associativa, le imprese profit: l’art 4 comma 2 del D.lgs. 117/17 infatti, non menziona le imprese tra i soggetti che non possono essere qualificati come Ets, diversamente da quanto previsto in materia di disciplina delle imprese sociali all’art. 4 comma 3 del D.Lgs 112/17 laddove invece è esclusa “l’attività di direzione e coordinamento o detenzione in qualsiasi forma del controllo di un’impresa sociale”.

Il Ministero chiarisce che gli enti con finalità di lucro non incontrano alcuna preclusione nell’ambito del terzo settore e, pertanto, gli stessi possono costituire o partecipare successivamente alla base associativa degli Ets nonché detenerne il controllo nell’osservanza formale e sostanziale delle finalità solidaristiche, senza scopo di lucro, e nello svolgimento in via esclusiva o principale di una o più attività di interesse generale.

Le sinergie create da tali forme di partenariato nel campo dei servizi del terzo settore a favore della collettività, ampliando l’ambito di partecipazione, possono consentire in concreto un miglioramento dell’offerta dei servizi sociali.

Ammessa la partecipazione delle profit nella compagine associativa, spetterà alle amministrazioni competenti, ossia all’Ufficio del RUNTS, compiere controlli sulla concreta osservanza delle norme poste a presidio della natura e della finalità degli Ets per evitare un uso elusivo delle disposizioni di vantaggio previste dalla normativa vigente.

L’Amministrazione torna sul principio dell’autonomia negoziale anche per rispondere al quesito in merito alla composizione della base sociale del terzo settore e specifica che la compagine sociale può contemplare, al suo interno, la presenza non soltanto di persone fisiche ma anche di soggetti collettivi.

Questo principio è valevole in via generale trova un limite negli artt. 32 e 35 del Codice del terzo settore solo e limitatamente per quanto riguarda le proporzioni di partecipazione delle organizzazioni di volontariato (ODV) e delle associazioni di promozione sociale (APS).

Infatti, le norme richiamate, pongono limiti sia di carattere qualitativo sia quantitativo: il primo sulla natura dei soggetti ammissibili, che devono appartenere a tipologie tassativamente individuate (Ets o enti non lucrativi), il secondo sul numero di tali soggetti che non può essere superiore al 50% rispettivamente delle ODV o delle APS associate. La disciplina impone che, se queste proporzioni non sono rispettate, la ODV o l’APS aderente deve chiedere l’iscrizione in un’altra sezione del RUNTS.

La ratio di tali preclusioni sta nel fatto che altrimenti si snaturerebbe le caratteristica dell’ente rendendo squilibrata la sua compagine associativa.

Il Ministero conclude precisando che tali limiti non comprimono in ogni caso l’autonomia decisionale degli enti, ai quali è consentito di modificare, nel rispetto delle disposizioni statutarie, la propria compagine associativa, oltre i limiti suddetti, rinunciando alla qualificazione di ODV o APS.

 

Avv. Luca Viola